L'aria calda dei tropici mi assalì all'improvviso appena lasciai l'aereo, il profumo forte del mare arrivò silenzioso nelle narici. Un secondo solo affinché la mente si abituasse alla visione di quella nuova terra dopo dodici ore di volo, e subito la voce di Isabel mi raggiunse in una folata di vento. Cuba, la più grande isola dei Caraibi, oasi dimenticata dal tempo, ad un passo dalla tecnologia e dal consumismo più sfrenato. Fu il silenzio a colpirmi in modo così sorprendente, solo allora riuscii a comprendere quanto le voci ed i colori invece si perdano nel traffico caotico di una grande città.
- Non posso credere che tu sia venuto sin qui per conoscermi.- esclamò la ragazza, asciugandosi le mani nella gonna bianca prima di stringere le mie. - Prima è arrivata sino a me la tua anima a chiamarmi, - risposi, stringendola in un abbraccio - come potevo resistere alla tentazione di sentire la tua storia!
Odorava di pesca, un profumo fresco come il suo viso da adolescente, eppure aveva quasi trent'anni, dieci dei quali passati in quel angolo sperduto di mondo. La sentivo tremare tra le braccia mentre la sua guancia sfiorava la mia in una impercettibile carezza, rimasi immobile a tre millimetri dalle sue labbra, attratto irresistibilmente dall'armonia dei suoi tratti.
- Se vuoi restiamo così fino al tramonto, - le sussurrai all'orecchio - sempre che non ci arrestino per intralcio alla circolazione!
- Qui non circola nessuno... - rispose, regalandomi un gran sorriso - le auto sono talmente poche da essere considerate ancora una rarità, io sono fortunata a possederne una.
Quando la vidi, girai attorno a quel mucchio di lamiere colorate sperando fosse uno scherzo di qualche candid camera locale, invece Isabel vi saltò sopra senza nemmeno aprire lo sportello, limitandosi a spiegare che, avendo tagliato il tetto, l'intera scocca era stata saldata affinché non si spaccasse in due tronconi.
- E non potevate pensarci prima di togliere la capotta?- obiettai.
- L'ho trovata in un campo, schiacciata sotto ad un grosso tronco abbattuto dal temporale, e mi è costata comunque cento dollari... un vero patrimonio da queste parti!
Non ebbi il coraggio di chiederle altro, e restai a guardarla mentre metteva in moto quella vecchia renault quattro, color verde militare, due immagini così stridenti una dall'altra, eppure piacevoli da osservare insieme. Le sue gambe parevano ancora più sensuali in contrasto con la stoffa logora del sedile, ed i miei occhi curiosi sbirciavano nelle fessure tra un bottone e l'altro del vestito alla ricerca della sua pelle abbronzata. Impossibile resistere alla tentazione d'immaginare il suo seno dall'impronta che lasciava nella camicia... intravidi il segno dei capezzoli sotto ai taschini, e la mente cominciò a giocare.
- Mi stai scrutando da cima a fondo vero? - mi sorprese Isabel - li vedo sai i tuoi occhi golosi che mi sbirciano da sotto le lenti scure.
- Sei molto bella, - le dissi, sapendo di scadere nel banale - dalle foto che mi hai mandato non credevo che fossi così...
- Così come?
- Seppure ti presenti con semplicità, il tuo corpo emana un richiamo molto sensuale a cui faccio fatica ad abituarmi.
- E perché mai dovresti abituarti... - sorrise, con un'espressione sorniona - non vorrai farmi credere che sei venuto sin qui solo per ascoltare ciò che ho da raccontare?
- Ho vent'anni più di te, - esclamai - non posso certo competere con i giovanotti che ti stanno dietro!
- Se tu ne avessi trentacinque ed io quindici potrei anche capire... ma io non sono una bambina e tu non sei ancora un vecchio nonno dall'aria bavosa!
- Ah... questa è bella! E quanto mi manca per avere l'aria bavosa?
- Non è solo una questione d'età, ho visto quell'espressione anche su uomini più giovani di te. E' quel modo viscido in cui mi guardano quando gli cammino davanti e pensano a cosa mi farebbero se potessero comprarmi per dieci minuti.
- Ti sto guardando anch'io da quando siamo partiti su questa carretta, - confessai - e può darsi che i miei pensieri non siano molto diversi dai loro.
- Allora dimmi a cosa pensavi!
- Cercavo di capire se avessi il reggiseno sotto la camicia oppure no!
- Se alzo il braccio puoi guardare nella manica, - esclamò, accompagnando alle parole il gesto appena descritto - cosa vedi?
- La tua ascella perfettamente depilata.
- E poi?
- Non saprei... mi sono perso lì, sei stata troppo veloce!
- Non provare a fare il furbo sai, li conosco i tuoi pensieri.
- Ma sentila... - obiettai, arruffandole i capelli con un gesto furtivo - ed allora dimmi a cosa sto pensando ora.
- ...ai miei peli rasati!
- E' vero, come diavolo hai fatto?
- Ho letto tutti i tuoi libri Abel, e ho imparato a conoscere le tue piccole manie, è per questo che ti ho mostrato l'ascella depilata.
- Allora sai anche che mi piacerebbe leccarla!
- Cosa ti fa gola... il sudore che cola e inzuppa la manica della camicia?
- Sì anche... ma a parte il sapore, mi attira il contatto con la tua pelle in quel punto in cui è stata appena rasata, quando l'hai fatto, stamattina?
- Si... - rispose Isabel, alzando di nuovo il braccio per portarlo sulla mia nuca - ma non ne capisco il motivo.
Mi voltai verso di lei, scivolando con la bocca lungo il braccio teso che sfiorai con dei piccoli morsi, poi spinsi all'indietro la manica della sua camicia ed assaggiai con la punta della lingua il sale sulla sua ascella. La sentii fremere ed il suo respiro si fece affannoso. - Se continui così finiremo fuori strada, - sussurrò, ritraendo il braccio -...e poi stiamo entrando in paese, non voglio che mi vedano abbracciata in auto con uno sconosciuto
Il paese era una fila disordinata di baracche colorate... azzurre, rosa, gialle, in un susseguirsi ininterrotto di immagini dal sapore antico, in un collage pittoresco quanto decadente. Isabel frenò bruscamente l'auto davanti ad un chiosco disordinato, attorniato da una decina di panche scolorite, poi saltò con agilità oltre la portiera, ordinando al banco due cuba Libre ghiacciati.
- Coca cola, una buona dose di rhum, una scorza di limone e tanto ghiaccio... ti toglierà dalla bocca la sete ed il sapore aspro del sudore, - disse - ti presento Pedro, lui è il fratello che non ho mai avuto.
Gli porsi la mano, ma lui mi salutò con un mezzo sorriso di circostanza, passò la spugna umida sul tavolo e sparì nel magazzino di lamiera.
- Ti sei scelta un fratello abbastanza scontroso, - abbozzai - sei sicura che non ci metterà anche della cicuta dentro il mio bicchiere?
- E' molto protettivo con me, - mi spiegò Isabel, sfiorandomi la fronte con un insolito gesto affettuoso - e non ama molto gli stranieri, specialmente quelli che mi stanno troppo vicino.
- Ho capito, non ti è piaciuto il mio bacio sotto al braccio.
- Tutt'altro, ma continuo a non capirne il motivo.
Mi fissava con i suoi dolcissimi occhi curiosi, le dita intrecciate tra i capelli e quelle sue labbra rosse come il fuoco, in una incantevole visione da cui non riuscivo a staccarmi. - C'è solo un'altra parte del tuo corpo che ha lo stesso sapore - risposi - ed è l'unica che potresti radere per me.
Sorrise, scuotendo il capo: - Sei proprio come pensavo, dolce come il miele e pericoloso come un serpente a sonagli. Quando leggevo i tuoi libri, mi chiedevo quanto ci fosse di vero e quanto invece di inventato. Adesso, dopo solo un'ora che siamo insieme, so che sconvolgerai la mia vita.
- Posso ripartire domattina e dormire questa notte nell'albergo più lontano da te, non sono abituato a sconvolgere la vita di nessuno.
- Non essere stupido, - continuò, ringraziando Pedro che aveva finalmente portato i due cuba libre - siamo entrambi abbastanza grandi da capire quali sono gli errori da non commettere.
- Non c'è nulla che possa essere previsto e niente che ci possa salvare, dobbiamo solo decidere quanto sangue debba scorrere dalle nostre ferite, oppure fuggire uno dall'altro prima di vederne il colore.
- Bravo, un vero poeta ed un grande filosofo, ed hai dovuto fare diecimila chilometri per capire quanto sia pericoloso mettere vicini il fuoco e la benzina.
- Non potevo immaginare quanto tu fossi dannatamente affascinante, - le sussurrai all'orecchio, scivolando sulla sua guancia tremante - l'ho capito soltanto quanto ti ho vista all'aeroporto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Isabel scolò d'un sorso l'intero contenuto del bicchiere, - Andiamo a casa, - sospirò - qui ci sono troppi occhi che ci guardano.
Quel tratto di strada fu il più lungo che io abbia mai percorso nella vita. Il silenzio era sceso tra noi, denso come un lago di fango in cui i pensieri annaspavano senza raggiungere la riva, alle nostre spalle il tramonto lottava sulla linea infinita dell'orizzonte prima di perdere ancora una volta la sua inutile battaglia contro la notte.
La casa di Isabel era dipinta col colore del cielo, nell'ombreggiare della sera pareva confondersi con l'eterno chiacchierio del mare, confuso nell'infinito rincorrersi delle onde. Mi fermai a guardare la spinta lenta ma impetuosa della marea che accompagnava la corrente fin sul fondo della baia, dove l'erba alta della riva si prostrava alla sua carezza lieve... per nulla al mondo avrei voluto andar via da lì.
Salimmo i due gradini della terrazza tenendoci per mano, qualcosa oltre quella porta ci trascinava nell'ombra per nasconderci agli occhi del mondo in un susseguirsi irresistibile di emozioni contrastanti.
- Ho voglia di baciarti... adesso, - disse Isabel, appoggiandosi con la schiena alla parete di legno ricamata di fiori secchi. - Ne ho voglia anch'io, - risposi - ma non sono sicuro che sia questo il momento. E' troppo scontato... troppo perfetto, potrei pensare che si tratta della scena di un film in cui gli attori non possono sottrarsi ad un copione già scritto.
- Questa è la vita Abel! Non è un tuo racconto dove puoi muovere le persone come fossero pedine... è un mio desiderio istintivo e non ci sarà un seguito... almeno non questa notte; di là c'è il mio compagno.
Ricordo ancora il tremore delle sue labbra sulle mie, ed i pensieri che fuggivano lontani nel tempo e nello spazio infinito come scintille impazzite, schegge frantumate di uno specchio audace, in cui la realtà ed i sogni si confondono e si rincorrono fuori dal destino prefissato.
Dolce il suo rossetto, in contrasto col sapore del rhum misto alla saliva, e la sua lingua avvolta alla mia in un gioco antico quanto il mondo, eppure sempre diverso e suadente. E' buffo come un bacio alla soglia dei cinquant'anni possa ridare vita alla passione più di ogni altro gesto, ma l'incanto finì all'improvviso quando la voce di un uomo la chiamò da dietro la porta.
Sorrise, sì... sorrise, poi si pulì la bocca col dorso della mano e, come se nulla fosse accaduto, rispose al richiamo con la stessa dolcezza con cui mi aveva baciato.
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