Afghanistan - Regione di Bamiyan - Base Aerea Ghost
- E' inutile dirvi che non dovremmo nemmeno essere qui, - esclamò Julian - ma questo lo sapete già, perché avete accettato di aderire alla missione come volontari, e non credo che lo abbiate fatto solo per intascare il premio di presenza. Molti di voi hanno partecipato con me a numerose incursioni in questa maledetta parte del mondo, ma stavolta la posta in gioco è decisamente più elevata. Non siamo qui per coordinare un attacco aereo perché ufficialmente gli Stati Uniti non possono... o meglio, non vogliono apparire come mandanti di quest'azione internazionale di polizia. In gioco non c'è la testa di un Bin Laden qualunque, sia ben chiaro, bensì quella di tutti i rappresentanti delle diverse etnie, nonché la quasi totalità dei comandanti in campo, punti di assoluto riferimento di chi combatte sul terreno. Se riusciamo a cancellare questa gente dalla faccia della Terra, il mondo si sveglierà con un'espressione migliore.
- Perché mai dovrebbero riunirsi tutti qui, insieme, contemporaneamente? - chiese uno degli uomini.
- Perché Bamiyan fa parte della storia dell'Afghanistan e un attacco americano in questo luogo scatenerebbe una crociata contro di noi. Qui, questi terroristi si sentono al sicuro e possono ostentare la loro sicurezza di fronte alle telecamere di Al Jazeera, unica TV che sarà invitata ad assistere all'evento.
In effetti la storia di questa terra era davvero un mistero per gli occidentali. All'epoca in cui la regione fu invasa dalle truppe di Alessandro Magno, Bamiyan era ancora poco conosciuta. Di certo non fu difficile convincere i nuovi venuti a stabilirsi in questa valle placida e meravigliosa, dove scorrevano numerosi corsi d'acqua, ricchi di minerali, che furono regolamentati per farne canali adatti allo sviluppo dell'agricoltura. Circondata dalle sue alte montagne, Bamiyan ha avuto un destino predefinito. Nel Sud regnò la dinastia dei Maurya dell'India mentre nel Nord, governarono i regni greci della Battriana, fondati dai successori di Alessandro Magno. Dai primi germogliò il buddhismo e dai secondi l'arte e i concetti basilari della civiltà ellenica. Sotto il grande re Ashoka, Bamiyan divenne una città potente, tanto da divenire uno dei più grandi luoghi di incontro e di scambio di idee, d'arte e di cultura allora esistenti al mondo. Ben presto la sua influenza si estese dall'est della Persia fino a Kashgar e, a nord, dal Mare d'Aral fino a Benares, in India. Carovane cariche di merci preziose viaggiavano da Oriente a Occidente e, giunte nella Battriana, dirottavano una fetta consistente dei loro beni verso sud, per mandarli a Bamiyan, e quindi raggiungevano Jalalabad e l'India, via Peshawar. Da Roma, dalla Siria e dall'Egitto arrivavano oro, argento, incenso e manufatti in vetro. Dalla Cina e dall'India provenivano seta grezza, pellicce, pietre preziose, spezie e animali esotici destinati all'Europa.
Man mano che la religione buddhista si diffuse attraverso questa parte del mondo, il suo messaggio si trasformò. I culto non fu più riservato esclusivamente agli iniziati e acquistò un carattere popolare. Nacquero così le prime rappresentazioni del Buddha, che fino ad allora era stato ritratto solo simbolicamente con impronte di mani o fiori di loto. All'epoca di questi primi contatti tra l'Oriente e l'Occidente, gli artisti decisero dapprima di rappresentare il Buddha in una versione orientale del dio greco Apollo. Poi, alla ricerca di un punto di fusione che si rivelò straordinario, il suo spirito venne vestito nello stile greco-romano. Inspiegabilmente il buddhismo riuscì persino a sopravvivere alla conquista dei territori da parte dei Sasanidi provenienti dall'Iran, e non si lasciò travolgere nemmeno dalla discesa dal Nord degli Unni Bianchi, riuscendo a sfuggire al fervore iconoclasta del rigido monoteismo islamico.
Solo verso la fine del X secolo il governatore turco della provincia di Balkh guidò le sue armate verso Sud e riuscì a prendere l'intera regione, costringendo i suoi difensori ad accettare lo scontro in una stretta gola, nella quale venne sconfitto l'ultimo re buddhista. Per un certo periodo Bamiyan visse sotto la dominazione musulmana, cercando di conservare la propria identità, ma la sua influenza come centro propagatore dell'antica religione andò a scemare. I volti del Buddha furono sistematicamente sfregiati dai sovrani musulmani e gli affreschi dorati distrutti dalle pallottole degli occupanti. Tuttavia, continuò ad essere la capitale delle potenti dinastie che si succedettero e le frontiere del regno si ampliarono. In un Paese in cui le insurrezioni violente erano continue, Bamiyan riuscì a superare le difficoltà dell'epoca con una stabilità fuori dal comune.
Il 1.222 segnò il definitivo e repentino tracollo. Mutugen, figlio di Djaghatai e nipote di Gengis Khan, attraversò l'Oxus (oggi Amudarya) con il suo esercito. Gli venne affidato il compito di assediare la fortezza di Shar-i Sokta che distava un giorno e mezzo di marcia da Bamiyan, ma lì perse la vita. Essendo venuto a conoscenza della morte del nipote, il grande Khan venne preso da una tale rabbia che decise di annientare l'intera vallata e la popolazione che l'abitava. Si dice che lo stesso Gengis Khan abbia guidato il massacro di tutti gli uomini, donne e animali e abbia poi ordinato di radere al suolo le torri e i castelli che da secoli proteggevano questo regno isolato nel cuore delle montagne. Poco a poco, la popolazione decimata cominciò a tornare nella valle, ma la città, i suoi dintorni e i suoi sistemi di irrigazione erano ormai distrutti. L'apertura delle rotte marittime fra l'Europa e l'Oriente segnò il definitivo declino della regione.
In seguito, durante i dieci anni di occupazione sovietica, il Paese si chiuse in un ferreo isolamento ed un altro decennio di conflitti fece di questa vallata un luogo inaccessibile. Il sito cadde infine nell'oblio. Da allora, giunsero notizie assai scarse, ma nell'aprile del 1997, un comandante dei Talebani riuscì a raggiungere Bamiyan e, dopo aver conquistato la città, promise di distruggere i Buddha. Di fronte alle proteste dell'ONU e di altre organizzazioni internazionali abbandonò per fortuna il suo folle progetto. Il capo supremo dei Talebani, Mullah Omar, pronunciò un discorso alla radio nel quale affermava che i Buddha di Bamiyan erano parte integrante del patrimonio nazionale afghano e che dunque andavano protetti. Solo pochi anni più tardi, nel marzo del 2001, il potente Mullah tornò sui propri passi e, in base al verdetto del clero e alla decisione della Corte Suprema dell'Emirato Islamico, venne decretata la distruzione di tutte le statue in Afghanistan che in passato furono usate come idoli dagli infedeli.
Ora Bamiyan sarebbe invece diventata il punto di incontro di tutti i nemici degli invasori occidentali, una specie di Agorà dove osannarsi a vicenda e mostrare al mondo i mille volti della resistenza Afghana. Poco importa se lo scopo fosse esclusivamente quello di mantenere calda una logorante guerra senza fine, l'importante era ostentare la propria forza per raccogliere nuovi consensi tra le popolazioni adiacenti, sfidando apertamente l'America e i suoi alleati.