Nada Foller a quel tempo era già una famosa giornalista televisiva. Aveva trovato il successo con un programma di politica internazionale, ma non era ancora entrata nel giro ristretto di quelli che contano davvero. Troppo giovane, troppo sensuale per distogliere gli apprezzamenti dalle sue beltà, a discapito di una credibilità che non le veniva concessa, relegandola in un ruolo marginale in cui si sentiva fuori dai giochi. La sua titubanza nel partire per l'Afganistan l'aveva ulteriormente penalizzata, e nella stasi che era seguita a quella guerra così poco telegenica, rischiava di essere sradicata da un mondo di cui non poteva fare a meno. Fu per questo che decise di imbarcarsi in una missione troppo grande anche per chi, a differenza di lei, era abituato a calcare i campi di battaglia, e l'occasione giusta le si parò davanti all'improvviso, quando il compagno della sua vita venne inviato al seguito di una delegazione francese a Kandahar. Era ormai lontano il 14 dicembre del 2001 quando i Marines americani attraversarono di corsa la città per occupare l'aeroporto della capitale spirituale dei Talebani, ormai la situazione veniva definita "sotto controllo", tanto da permettere lo sbarco delle prime organizzazioni umanitarie.
Arnold Porter era un medico chirurgo. Cinquant'anni ben portati, aveva conosciuto Nada a Bellinzona, durante una sua inchiesta sulle sovvenzioni federali a Medici senza Frontiere, e da allora erano diventati inseparabili. Accompagnarlo in Afganistan costituiva di fatto un lasciapassare verso l'avventura che aveva sempre sognato, e la copertura umanitaria le avrebbe permesso di inoltrarsi in quel mondo perduto da cui i giornalisti venivano tenuti lontano.
Glielo confessò mentre usciva dal bagno con l'asciugamano annodato sui fianchi: - Se mi porterai davvero laggiù, ti concederò quello che mi chiedi da sempre... senza se e senza ma... tutto quello che vuoi, quando vuoi e dove vuoi.
Arnold scosse il capo, sapeva bene che Nada avrebbe venduto persino l'anima al diavolo pur di mettere piede a Kandahar. in quel preciso momento storico, si lasciò pregare per tutta la serata e poi, stretto tra le sue gambe, le sussurrò all'orecchio il sospirato si.
Il telegiornale della sera ripeteva la solita litania mostrando le immagini di una guerra tanto lontana quando irraggiungibile, eppure lei sapeva che da lì a qualche giorno si sarebbe trovata al centro dell'inferno con un biglietto di sola andata. Ebbe un fremito guardando le strade polverose ricolme di Afgani in festa... ognuno mostrava il sorriso ma stringeva in pugno un kalasnikov.
Ne era certa, in quella atmosfera avrebbe ritrovato la verve dei bei tempi per imbastire una storia che la riportasse al centro dell'attenzione. Sperava di riuscire a racimolare qualche sparuta confidenza su cui costruire chissà quale bollettino di guerra, ma non poteva immaginare quanto sarebbe andata ben oltre la propria immaginazione.
Kandahar... quante volte aveva sentito nominare quel nome dai reporter addobbati in mimetica che registravano i loro servizi sullo sfondo di un carrarmato distrutto! Dall'aeroporto alla città le sembrò un viaggio interminabile ed ogni parola, ogni volto, ogni dettaglio le apparivano così intensi, così veri, così sofferti da lasciarla senza fiato. Fissò quei ricordi nella pellicola della sua Nikon e nel medesimo istante memorizzò le emozioni, estrapolandole da quel susseguirsi di ansie e scariche di adrenalina che non le davano pace. - Sembra impossibile che tutto questo sia stato già mostrato, - confidò al compagno - eppure stando qui assume un'altra luce, più intensa, come se la telecamera non potesse cogliere che un frammento di questo universo instabile.
- La televisione riporta un'immagine distorta della realtà, - rispose Arnold, infastidito dalla sua euforia - si limita a mostrare uno spaccato della vita quotidiana che appaghi i nostri canoni di valutazione. Una donna col burka qui è la normalità, invece ci viene presentata come una bestia rara prigioniera in un grande zoo senza frontiere.
- Lo spettacolo vuole la sua parte...
- ...questo non è uno spettacolo Nada, - la incalzò bruscamente - bensì una tragedia di proporzioni immani che fa audience prima che pietà!
- Il mio lavoro è quello di mostrare la faccia della realtà che più ci interessa, lascio volentieri agli altri l'analisi ed il significato di ciò che rimane, ma se permetti... a me interessa questo punto di vista.
Il battibecco si interruppe soltanto al loro arrivo in città, quando l'impatto con la realtà afgana assunse tutto il suo valore. Il centro di accoglienza era situato nella città vecchia, proprio accanto alla sala stampa, così da proteggere due strutture con un'unica forza, dislocata nella sua massiccia presenza ad ogni angolo di strada.
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